Ite, missa est di Enzo Romeo da CREDERE N. 27-2018
Don Eugenio Fizzotti e Viktor Frankl, psichiatra austriaco, condividevano un assunto:anche nell’inferno del lager o nella malattia più grave la dignità dell’uomo non viene cancellata
Alla fine di giugno è morto a Salerno don Eugenio Fizzotti, professore emerito di psicologia delle religioni all’Università Salesiana e principale allievo dello psichiatra viennese Viktor Frankl. La loro è stata una grande storia di amicizia e collaborazione scientifica, che ha tenuto insieme con rara fecondità due soggetti in apparenza così diversi tra loro: un sacerdote cattolico e un medico ebreo, sopravvissuto ai lager nazisti, dove perse i genitori, un fratello e la giovane moglie.
Frankl, scomparso nel 1997, definì quella terribile esperienza l’experimentum crucis della sua vita e la trasformò in prova della validità della teoria psicologica che aveva elaborato per la cura del “mal di vivere”, che chiamò «logoterapia». È la terapia del logos, del recupero del senso dell’esistenza, nella convinzione che a nessun uomo – mai, neanche nelle situazioni peggiori – può essere sottratta la libertà intima e profonda. Frankl lo capì vedendo gli internati dei campi di sterminio recarsi ai forni crematori cantando la preghiera ebraica per i defunti o recitando il Padre Nostro. La barbarie nazista non cancellava quell’ultima dignità: rivolgersi al proprio Dio. In tal modo Frankl riscattò la psicologia dai meccanicismi freudiani, recuperando l’aspetto trascendente della persona.
La logoterapia è oggi tra i metodi più considerati in ambito cattolico, specie nelle comunità di recupero per tossicodipendenti. Il merito di questa diffusione lo si deve in gran parte a don Fizzotti, che ha tradotto tutta l’opera di Frankl, ha scritto sull’argomento decine di libri e ha fondato l’Alaef, associazione che promuove il pensiero frankliano. La sorte ha voluto che don Eugenio, a sua volta, sperimentasse sulla sua pelle una condizione – quella del malato